Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/107


il protocollo della “giovane italia„ 95


Sennonchè anche Manfredo Fanti, di risposta all’annunzio della resurrezione della Giovine Italia, partecipava al Mazzini, dalla Spagna, di essersi legato al Fabrizi «nella parte esecutiva»; ed un altro esule di cui il Maestro aveva stima, che giudicava «buono, attivo, giovine anche in illusioni», Francesco Vitali, scriveva dalla Corsica al Lamberti per dirgli che reputava totalmente finita la missione della Giovine Italia «tanto come istitutrice che come cospiratrice», cioè tanto come strumento di propaganda morale che come fucina di forze operose. E il conte Giuseppe Ricciardi, nonostante la molta devozione al Maestro, pensava di fondare da canto suo una terza Società, un’Italia novella; senza contare una Lega lombarda, senza contare i Livellatori: moltiplicazione che il Lamberti giudicava «rovina grande per l’Italia», e che al Mazzini doleva sommamente, come quella che poteva seminare «germi di federalismo» e «rompere l’unità». La parte assegnata alla Giovine Italia consisteva appunto nel «determinare una Unità di tendenze che promuova quando che sia l’Unità italiana». I dissensi, i contrasti, le divagazioni, le schermaglie non potevano far altro che giovare ai nemici: "Pensate che si va addietro terribilmente, che i nostri padroni se ne giovano a riconciliarsi con atti di clemenza in favor di molti, che l’Austria conquista più sempre pacifica-