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94 il protocollo della “giovane italia„


grave al cuore del Mazzini, increscioso sopra ogni altra cosa, riusciva il dissidio prodottosi sin dall’inizio, quando uno dei primissimi confidenti ai quali egli aveva partecipato il proposito di risuscitare la Giovine Italia, lo stesso Nicola Fabrizi gli si era opposto fino allo scisma. Per l’esule modenese, l’antica associazione aveva compiuto il proprio ufficio ed era quindi vano e pericoloso tentare di richiamarla in vita. Essa aveva bensì contribuito a formar l’animo dei cittadini, ma occorreva ora armarne il braccio; quindi egli proponeva che le forze liberali militanti si raccogliessero intorno ad una nuova bandiera: quella della Legione italica. Per il Mazzini, invece, nel quale l’azione non era qualche cosa di opposto al pensiero, o di diverso da esso, bensì lo stesso «pensiero realizzato», questo distinguere fra la mente e la mano, fra la parola e la spada, era voler fondare una specie di dualismo, «a un dipresso il sistema delle caste indiane, dove agli uomini d’una era dato esclusivamente il pensiero, all’altra il valor militare». Ma il Fabrizi insisteva tanto nella sua idea, e tanto si era affezionato alla Legione, da opporre un rifiuto alla proposta di fonderla con la risorta Giovine Italia; ostinazione per la quale il Maestro pronunziava contro di lui una specie d’interdetto e manifestava un «rigore» che parve «troppo» al mite e conciliante Lamberti.