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960 Ceroplastica

temi quanto volete. Io non sono plasmatore in cera, ma non voglio abitare più a lungo con un Amore che si diverte a tutto consumare col suo fuoco. — In questo caso, io acquisterò per una dramma quest’ospite incantevole. — Per te, o Cupido! Infiamma tosto il mio cuore: se no io ti getterò nel fuoco, e ti ritornerò liquida cera. Per te, o Cupido! Infiamma tosto il mio cuore: se no io ti getterò nel fuoco, e ti ritornerò liquida cera.»

I greci tenevano tali immagini nelle camere da letto, immagini di cari estinti e di divinità tutelari, come pure, ad imitazione di questi facevano i Romani di famiglie patrizie, e le rendevano partecipi delle gioie e dei dolori di famiglia disponendoli attorno ai cadaveri dei defunti allorchè l’atra morte picchiava alle lor porte, o coronandoli di alloro nei giorni di allegrezza per nozze, trionfi o altri fausti avvenimenti.

Ma nel Secolo XV la ceroplastica divenne compagna necessaria della scoltura e della oreficeria: infatti dei lavori migliori in cera noi dobbiamo cercar gli autori fra i più celebri artisti delle diverse epoche, i quali non isdegnarono lasciar da parte, in certi momenti, il marmo, il bronzo, l’argento, la creta e la tavolozza per questa materia. Quindi ci lasciarono lavori in simil genere un Luca della Robbia, un Baccio Bandinelli, un Francesco Francia, un Andrea Verrocchio, un Guido Mazzoni, meraviglioso artefice di gruppi in terra cotta di figure grandi al vero, scene piene di suggestiva verità (seconda metà del sec. XV), ed un Antonio Begarelli da Modena, continuatore della grand’arte del Mazzoni (1498-1565), per citarne alcuni solamente; il museo di Münich possiede una