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blicato, e il banditore questa volta con voce da cannone grida:

NOVANTA!

Filippino seguitava a dire macchinalmente:

— Mosche, mosche, mosche....

Un grande uragano di voci accolse la comparsa del

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del gran signore del lotto, di questa illustre quantità, che nella sua pontificale maestà viene in fondo alla processione degli altri numeri, ultimo della serie, simbolo dell’abbondanza.

— Papà, paparino, il novanta, il terno, guarda, papà....

I ragazzi hanno un bel gridare. Filippino, come se avesse ricevuto una mazzata sulla nuca, tentenna il capo, straluna gli occhi, contorce la bocca e seguita a ripetere:

— Mosche, mosche.

Intorno a lui si fece l’ombra che avvolse Nostro Signore sul monte. Le gambe non lo portavano più. Sentiva i ragazzi che strillavano, che si arrampicavano sulle gambe, ma egli non vedeva più nulla.

— Aiuto, aiuto!

— Che c’è?

— Gli vien male.

— Chi è?