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famoso nichilista. Vedendo che il sole volgeva al suo tramonto, si alzò, scosse la testa come il leone fa colla giubba, quando si toglie dal covile, e guardò l’orologio. Erano le quattro.

Il prete era arrivato al tocco.

Quante cose erano già accadute in queste poche ore!

Il barone sentiva di aver vissuto dieci anni almeno della sua vita.

Alle quattro e trentacinque ripassava il treno per Napoli. Prese un altro viottolo di traverso, ed evitando di passare per Santafusca, si portò sulla strada provinciale. Volse prima un poco verso il mare, girò dietro un cascinale per risalire ancora sulla provinciale, sempre di buon passo, come un uomo molto occupato, che va per la sua strada, finchè il fischio della locomotiva avvertì che il treno stava per entrare in stazione.

Aspettò ancora un poco per consumare tutto il tempo di più e, presa la rincorsa, arrivò in stazione nel momento giusto di prendere il treno per la coda. Mostrò il suo biglietto di ritorno al conduttore e si cacciò nell’ultimo scompartimento che trovò ancora aperto.

Nel vagone non c’erano che due giovani sposi svizzeri o tedeschi, che probabilmente scendevano a passare la luna di miele in braccio alla sirena del mare. Si tenevano vicini e abbracciati, in mezzo a una montagna di valigette, di canestrini, di scialli, di ombrelli, colla spalla ap-