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tafusca se ciò avvenisse. Per bacco, aver l’onore di ospitare sua eminenza! Anche voi, poveri santi, stareste più allegri, e io vi farei fare una bella raggiera d’oro, come ne ho visti una volta al vescovado di Napoli.
— È tempo di asciugare la faccia a questi santi, reverendo? — disse Martino il campanaro, un sapientone, già frate converso cappuccino, che amava discutere con don Antonio sui casi di coscienza e di liturgia.
— Aspettate che il sole abbia prima asciugata la pasta, poi ci metterete l’olio del gomito. Torneranno bianchi come le stelle.
— Io vorrei farvi un caso di coscienza, don Antonio. Se una zucca, sforzando la siepe, passa dall’orto del vicino nel mio, posso io coglierla senza far peccato? Il cursore dice che posso, e anche la legge mi dà ragione.
— La legge vi dà ragione, perchè la zucca copre la vostra terra e impedisce a voi di piantarvi un gambo di fagiuoli; ma se io considero la zucca nella Vostra coscienza, è un altro paio di maniche.
Don Antonio rise gioiosamente del suo traslato, e i suoi capelli bianchi di neve scintillarono sotto il raggio del sole come la faccia dei santi d’argento sotto le fregagioni di Martino.
— Che cosa volete dire, don Antonio, con questa ipotiposi della zucca nella mia coscienza?
— Voglio dire che il buon cristiano non deve