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in casa l’usciere e minacciò il sequestro della roba. Ho la moglie malata di risipola e quattro figliuoli che muoiono di fame.
— E che ci posso fare io?
— Una carità, don Cirillo. Almeno non morir di fame.
— Sono un poveretto, Filippino, e ora non posso.
— Sentite, io avrei un bel cappello nuovo che avevo messo in disparte per voi. L’avevo fatto per monsignor vicario, ma gli è tornato troppo stretto. Pigliatelo, don Cirillo, prima che l’usciere se lo porti via col resto e datemi da comperare le medicine alla mia Chiarina.
Prete Cirillo pensò che non dovendo più tornare a Napoli, un cappello nuovo non sarebbe stato inutile. In cuore gli parlava ancora un poco la voce di compunzione, e poichè la bottega di Filippino era sull’angolo della vicina piazzetta, vi andò e pose sul banco alcune lire.
— Datemi almeno dodici lire, don Cirillo. È un cappello nuovo coi nistrini di seta, bello, leggiero come una foglia.
— Non vi do di più, benedetto.
— Voi avete anche un debituccio.
Prete Cirillo pensò che veramente non era onesto lasciar indietro dei debiti e soggiunse:
— Vi do undici lire e pace. Per il debito vecchio li volete tre numeri buoni?
— Se voi li date proprio buoni.
— Mi pare di avere l’inspirazione. Passano og-