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Quando pensava egli un momento alla morte e alla vita eterna?

Prete Cirillo giurò con fervida fede che questo sarebbe stato l’ultimo giorno della sua vita usuraia. Una volta entrato in possesso della villa, e una volta conchiuso il contratto colla Curia, egli non avrebbe pensato che alla salute de’ suoi fratelli e allo studio delle eterne verità. Molte limosine egli avrebbe potuto fare colla rendita de’ suoi risparmi e avrebbe poi fatto un testamento a favore dei poveri e delle orfanelle. Nella quiete della campagna, sotto l’ombra degli olivi, in mezzo al lieto frastuono delle cicale, colla vista dei monti e del mare lontano, in una cameretta bianca, prete Cirillo sognava un tramonto d’oro, il tramonto luminoso del giusto.

— «Et libera nos a malo», — disse facendo un segno di croce molto grande e preciso.

Si mosse e, per confondere ancora di più le traccie dei curiosi, uscì da una porta segreta che dava in un vicoletto. Se ne andava tutto raccolto nella sua compunzione, quando sentì chiamare:

— Don Cirillo, don Cirillo, per carità.

— Chi è? che cosa volete?

— Son Filippino il cappellaio, non mi conoscete?

— Volete ricordarmi che ho un debituccio? Uh, il diffidente....

— Possa morire se ho pensato a questo. Sono un povero uomo disperato davvero. Ieri è stato