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mente dei detriti della casa che si sfasciava sulla loro testa.

Donna Maddalena, colla sua devota bontà, aveva messi tutti i suoi risparmi in mano a Don Coriolano, che giocò in una notte tutto ciò che la povera istitutrice aveva messo in disparte in quarant’anni di vita semplice e di economia. Ora essa non aveva più nulla e doveva ogni giorno supplicare il suo signore e padrone perchè non la lasciasse morire di fame. Erano preghiere senza rimproveri, voci rispettose e sommesse, una devozione ’e un amore insomma di madre tenera verso un caro figliuolo viziato. Tutto ciò che veniva da Don Coriolano era per l’umile istitutrice bello, grande, degno di lode o di perdono.

Giustizia vuole che si dica che anche il barone conservava per la vecchia maestra un sentimento che il tempo e gli stravizi non avevano mai potuto distruggere.

La voce piangente di Maddalena aveva ancora la virtù di turbare la coscienza indurita di un uomo, che ormai l’aveva chiusa a ogni altro affetto. Un’eco dolce e pietosa era rimasta nascosta nell’edificio vecchio e scadente della sua coscienza e Maddalena sapeva di non parlare mai inutilmente.

Non era egli un tristo, degno della forca, — (si dimandava spesso) — di rubare a quella povera creatura il suo denaro, di lasciarla morire in casa di fame e di solitudine?