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urlando, di filosofia, del dottor Panterre, di corse di cavalli, di carte, di donne, di prete Cirillo; lo chiamava per nome, lo beffeggiava, lo avvertiva di non fidarsi del cacciatore che voleva ammazzarlo, e quando la scena del cortiletto gli ritornava a mente, «u barone» diventava un terribile artista, e declamava il dramma del suo delitto con moti e con parole di cupa evidenza.
— Questa è proprio una giornataccia da funerale, — disse il cavaliere, stringendosi in uno scialle e coprendosi alla meglio col suo ombrellino dalla pioggia. E anche questa campana aiuta a creare l’ambiente. Oggi si parla tanto dell’ambiente!
Don Ciccio che camminava vicino rispose:
— Oggi si fanno in generale troppe parole; però io l’avevo detto.
— Che cosa, don Ciccio? che doveva piovere?
— Avevo detto che l’avrei trovato il mio morto.
Don Ciccio pronunziò queste parole con un mezzo sorriso di trionfo.
— Sta a vedere che ora siete contento....
— Non per prete Cirillo, poverino; ma per la vostra giustizia che disprezza i vecchi occhiali....
— Torniamo all’antico, volete dire....
— Voglio dire che l’uomo sarà sempre homini lupus.
Arrivarono alla villa. Chiamato il segretario e un fabbro, fu per la seconda volta aperto il cancello, e fu, in mezzo alla disgrazia, una piccola