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— Portate le robe, Quaglia, — disse il cavaliere.
L’ombra secca e nera si distaccò dal muro e portò sul tavolo dei giudici una cesta coperta da un panno verde.
— Il nostro colloquio sarà molto spiccio, signor barone, perchè vedo che fui già prevenuto.
— Di che? — esclamò molto forte il testimonio.
— Un briccone può esser sicuro di salvarsi dalle mani del giudice, ma non un galantuomo da quelle del giornalista. Scusi, eccellenza, la mia indiscrezione. Che cosa c’è di verosimile nel colloquio che l’«Omnibus» ha stampato ieri in questo numero?...
— Ah! — esclamò ridendo il barone, a cui l’esordio del giudice aveva un poco stretto il cuore. — C’è di vero: primo che il giornalista non fu mai a Santafusca; secondo, che le bugie si vendono a buon mercato.
— Ella però ha avuto veramente un colloquio con questo signore che firma Cecere?
— Un colloquio sì.... voglio dire delle ciarle al caffè. Mi ha chiesto una mia opinione e gliel’ho detta. Del resto non so nulla.
— Ella dunque crede.... o inclina a credere che esista veramente un cacciatore.
— Come ho detto.... non so nulla.
— Un nulla relativo, si sa. Non si è padroni di una villa che si chiama Santafusca, senza in-