Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 258 — |
glietta» stizzoso, insistente, noioso come una zanzara. È lui che fa fuoco e fiamme perchè io scopra questo prete. Ha trovato un babbeo che spende volentieri, e intanto spilla la botte con la scusa delle carte bollate. Don Ciccio vuole che io gli trovi ad ogni costo il prete o vivo o morto, e meglio morto che vivo, per la réclame della bottega, capite? Insiste, minaccia fin degli opuscoli, e voi non avete idea che cosa è un avvocato che scrive degli opuscoli. Vi confesso che vien quasi voglia di ammazzare un prete per contentarlo.... ah! ah!
La risata squillante del piccolo magistrato risonò nelle vôlte buie del corridoio.
— Dunque, caro barone, bisogna ch’io mostri almeno la buona intenzione e che interroghi, se è necessario, anche le capre e i cani di Santafusca. Interrogato il cane, non rispose.
— Che cane!? — esclamò ad un tratto «u barone», che metteva troppi pensieri suoi in mezzo alle allegre parole del giudice per poter pigliare al volo una facezia.
— Ai cani si può mettere la museruola: ma non si può metterla ai giornalisti ed agli avvocati.
In questi discorsi arrivarono ad una stanzaccia nuda, dov’erano alcune poche sedie, un tavolo nel mezzo, e per tutto ornamento un ritratto del re.
In giro molti usci. Sopra l’uno era scritto: «Sala del Procuratore del re». Sopra l’altro: «Can-