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sario è una cappelletta barocca che si trova sull’angolo di due viottole campestri, colle finestre rivolte a ponente, cioè verso il mare. Molte teste di vecchi contadini morti durante il contagio del 1630 guardano da duecentocinquant’anni la marina azzurra e il Vesuvio che fuma. La pioggia lava di tempo in tempo quelle fronti senza rughe, che si squagliano lentamente nei loro elementi, tra cui domina il fosfato di calce.
«U barone» pensava a questo tempo della sua lenta consunzione chimica coll’istessa dolcezza con cui poco fa, scrivendo alla principessa, sognava un colloquio al di là d’ogni paura, un colloquio d’amore, e chi sa? forse una notte d’amore.
Un gran bisbiglio e un fitto scalpiccio scosse il meschino da una contemplazione e da una meditazione che lo teneva immobile e quasi incatenato ne’ suoi giri. La gente si affollava verso la porta, facendo cerchio a quel marmocchietto, che aveva avuta la malinconia di venire al mondo, forse per desiderare anche lui un giorno di essere morto da duecent’anni e di stare a guardare l’aria e il nulla dalla grata di un ossario.
Sentì suonare delle ore.
Erano le dieci.
Guardò l’orologio.
Aveva ancora cinque minuti di tempo.
Doveva proprio andare dal giudice o correre invece alla stazione, saltare nel primo treno in partenza, prendere il largo? Se non era la cella,