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sua come un volo di colombe bianche sul campo brullo d’un deserto.

Nella sua vita, come dicemmo, egli aveva anche pensato una volta di farsi frate. A sedici anni, vergine ancora di anima e di corpo, e pieno del dolore d’aver perduta la mamma sua, s’era lasciato condurre da un pio monaco a Montecassino, dove stette tre giorni e tre notti a contemplare il cielo e la valle dalla finestruola di una cella.

Che pace, che riposo immenso in quella luminosa solitudine!... Se prima di sera egli avesse potuto giungere fin lassù, e, chiesta l’ospitalità in nome di Dio, avesse potuto nascondere il resto de’ suoi giorni in una cella sotterranea, da dove avesse potuto vedere un lembo del cielo.... pur di non pensare più!

In una nicchia sotto l’altare dell’Addolorata, posti a giacere sopra un mucchio confuso di stinchi e di rottami umani, guardavano al di fuori attraverso una piccola grata di ferro alcuni teschi, colle occhiaie nere e profonde, in una attitudine di eccitata curiosità.

Uno di quei teschi aveva un berretto da prete polveroso e rosicchiato esso pure dal tempo, da quel gran Tempo filosofo paziente, che, come l’infinito spazio, aggiusta molte cose. Nulla di strano, — pensò il barone, — che il caso portasse un giorno il teschio rotto di prete Cirillo a discorrere col suo duro teschio di peccatore in fondo a una nicchia dell’ossario di Santafusca. L’os-