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la veglia, si addormentò e fece dei sogni incongruenti, sotto i quali, come un carbone acceso posto sul cuore, ardeva sempre il suo dolore latente, insistente, cruccioso. In sogno vide una volta anche un suo fratellino, morto di soli dieci mesi, ch’egli aveva portato in braccio da ragazzo e gli parve ancora di correre col bimbo in ispalla in un campo fitto di papaveri semplici.

Oh se egli avesse potuto togliere dodici ore dalla sua vita!

Avrebbe date dodici oncie del suo sangue per quelle maledette dodici ore! Per quanto la fatalità gli gridasse: Non aver paura! son io che ti aiuto...., temeva che vi fosse qualche cosa di più forte ancora della fatalità, per cui era inutile ogni difesa. Quel maledetto prete si muoveva ancora nella sua cisterna.

— Quanta vita hanno indosso i morti...! — disse una volta seduto sul suo letto cogli occhi fissi nel buio.

Il tempo che gli era sembrato sempre troppo breve, passava ora a goccia a goccia. Guardando indietro, gli pareva di aver vissuto cinquantanni dal giorno che prete Cirillo era venuto a trovarlo alla villa. E non era passato un mese.