Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/233


— 217 —



*


— Bene, bene! — disse il barone, che non si curò nemmeno di leggere i giornali della sera.

Infine si meravigliò egli stesso di sentirsi così sicuro e sollevato.

Un gran peso cadeva dalla sua coscienza sulla coscienza di un altro lui, uscito da lui, ombra pietosa che s’intrometteva tra la vittima e il suo assassino. In questo buon cacciatore bisognava credere quasi per riconoscenza.

E a volte ci credeva proprio sinceramente, come se la sua personalità si sdoppiasse, come il fanciulletto crede all’esistenza reale dell’ombra che giuoca con lui. Era tratto a parlarne volentieri, nella speranza che, parlandone, fosse un mezzo di dare all’ombra una maggiore e reale consistenza.

Così credeva di aiutare l’opinione pubblica ad allontanarsi dal vero e a concentrare sopra un essere impalpabile tutta la responsabilità della nefanda azione.

Questa fu la sua grande preoccupazione per tutto il giorno che precedette le corse.

Dovunque si trovasse, o al club o al caffè, o sul «turf», dovunque insomma si poteva tirare il discorso sul processo del giorno, egli esponeva