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terzo rappresentava un rifugio, un tetto, un asilo d’un pover uomo sulla terra.
Anche vendendo ciò che rimaneva di netto, non avrebbe potuto raggranellare quindicimila lire e dopo egli sarebbe rimasto un vagabondo intero, nudo nato, senza nemmeno un guanciale per posare il capo.
Se un barone di Santafusca, si noti, contava ancora per qualche cosa nel mondo e se poteva sperar di trovare ancora un cento lire per la fame e per la sete, questo credito, per quanto avariato, gli proveniva da quel vecchio palazzo, che imponeva ancora un certo rispetto al volgo e che sosteneva colla catena della tradizione un uomo ridotto ormai a far la parte di pulcinella.
Bisognava trovare le quindicimila lire e già eravamo giunti al giovedì santo senza alcun risultato.
Finalmente gli venne in mente prete Cirillo.
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Chi era prete Cirillo?
Non v’era donnicciuola o pescivendola o camorrista delle Sezioni di Pendino e di Mercato che non conoscesse «u prevete», che abitava nei quartieri più poveri, in una soffitta chiusa in mezzo ai comignoli delle case, ove non mai scen-