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roglifici. Soffiava grossi sbuffi di fumo, ansando, sudando d’un sudor freddo che gl’imperlava la fronte divenuta pallida e fredda.

Le ragazze intanto distese sulle sedie ripetevano in un coro sguaiato la bella canzone:

— Fior di farina.

— O barchettina.

— Candida e bella.

— O Marinella.

E non poter leggere!... quale maledizione non poter capire come c’entrasse quella scatola e il cappellaio.

Dopo un grande e faticoso sforzo di mente una volta riuscì a decifrare questa frase: «La cosa è ora nelle mani del procuratore del re».

Era un sogno d’ubbriaco? Girava gli occhi verso la sala da pranzo, e riconosceva il luogo, gli amici, le donne sdraiate e seminude, che fumavano le loro sigarette. Girava gli occhi dall’altra parte e vedeva il bagliore azzurro e tremolante del mare infinito, dov’era andato a precipitare il suo segreto. Provava a scuotere il foglio bianco e nero che teneva in mano. Lo sentiva stridere, cantare, e la scritta maiuscola pareva diventata ancor più grande; così:

IL CAPPELLO DEL PRETE.

Certo era un sogno, un delirio, un incubo del vino e del pasticcio d’oca.