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Davanti ai Tribunali «u barone» non sarebbe mai andato, questo era certo. Eravamo al lunedì santo e c’eran davanti quasi quindici giorni alla fatale scadenza. In quindici giorni un uomo d’ingegno, che non ha voglia ancora di farsi saltare le cervella, deve trovare la maniera di non andare in prigione.

Quale prigione avrebbe potuto tenerlo dentro? O che non ha più boschi la Calabria ed è proprio finita la razza dei briganti?

Non era la prima volta che un Santafusca aveva battuta la campagna e un suo avolo, don Nicolò, era stato con Fra Diavolo sei mesi su per le rupi della Majella ai tempi dei tempi: ma con tutto ciò il barone sentiva che un uomo in quindici giorni non ha tempo neppure di diventare un brigante.

Bisognava adunque trovare qualche altro espediente più spiccio e meno melodrammatico. Fuggire? Non era il caso di pensarci, perchè quando si è poveri si viaggia male. Chiedere un prestito? A chi, se non c’era più un cane che gli volesse dare un quattrino? Giocare, tentar la sorte? Nessuno voleva mescolare con lui un mazzo di carte, e poi, non sempre chi giuoca vince.

Non rimaneva che la sua villa di Santafusca, lontana un cinque chilometri da Napoli, che poteva fruttare ancora qualche migliaio di lire, a patto però di vendere fino all’ultimo chiodo, perchè un terzo era ipotecato già al marchese di Vico Spiano , un terzo era una rovina e l’altro