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Il signore vestito di nero sorrise un poco, e ciò rinfrancò un po’ l’animo sbigottito del povero prete, che prese il suo coraggio colle due mani e cominciò un racconto lungo lungo, minuto, preciso, senza trascurare la minima circostanza. Disse il giorno, l’ora, il minuto in cui Martino era venuto a chiamarlo per correre in aiuto di Salvatore, lo scambio del cappello avvenuto nella camera del morto, e come avesse perduto il suo. Confessò i suoi dubbii, i suoi scrupoli, i discorsi fatti con Martino, la lettera scritta a monsignor vicario, e presentò la risposta di monsignore. Disse come scoprisse il nome del cappellaio, mostrò la polizza rilasciata dal capostazione per «scatola con cappello» (ci aveva rimesse anche le spese di spedizione), insomma vuotò, rovesciò tutta la sua coscienza, come si fa col sacco della farina, allorchè è sul finire. Non si era confessato con tanto ardore e con tanta compunzione la vigilia della sua prima messa.

Il signor delegato, che aveva pescato in fondo ad una tasca un calamaio d’osso e una penna, scrisse tutto sopra un cartolare in presenza del signor carabiniere, che ascoltava colle braccia incrociate sul petto e riempiva con le sue spalle tutto lo stanzino.

Si fece consegnare la lettera di monsignore, la polizza della «scatola con cappello», che allegò in numero A, B, all’incartamento, poi disse:

— Da tutto ciò che ella mi ha detto, reveren-