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— Davvero è ridicola come una commedia. Io non ci ho pensato, figuratevi. C’era tanto poco da portar via, che ho cacciato tutto nel sacco alla rinfusa.

— Don Antonio vi accuserà come ladro di cose sacre.

— Ladro io? avrei dovuto pensarci, ma l’ho fatto semplicemente....

— Voi capite che si celia. Ladro senza saperlo come Pulcinella al teatro di Sciosciammocca.

Il cacciatore versò il vino dalla mezzina e tracannò un buon bicchiere, che gli riempì l’anima di calore.

Se Giorgio non fosse stato duro di legno, avrebbe osservato che gli occhi del cacciatore scintillavano d’una luce viva e parlante.

— Voi meritate di andare a l’inferno per aver rubato al prete, — tornò a dire a costui, ridendo grosso e picchiando coi pugni sulla tavola.

— Dio mi scampi di perder l’anima per così poco. Ora lo vedrete questo bel cappello: è pelato come l’asino del nostro mugnaio. Io ho visto il cappello sulla sedia e ho pensato.... che cosa ho pensato? non so nemmeno io. Ma non è buono nemmeno per spaventare gli uccelli.... Ora ve lo faccio vedere....

Il cacciatore rimase solo.

Giorgio fe’ sonare gli zoccoli sopra una scaletta di legno, che si arrampicava dietro il muro. Li strascicò sull’impalcato sopra la testa del cacciatore, si arrestò, corse a frugare nel sacco.