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non sarebbe stato lui, se avesse per amore della scienza rinunciato alle belle donne, al giuoco, al buon vino del Vesuvio, e ai cari amici. Il libertino prese la mano sul frate e sul nichilista, e dalla fusione di questi tre uomini uscì «u barone» unico nel suo genere, gran giuocatore, gran fumatore, gran bestemmiatore in faccia all’eterno. Nulla, e nello stesso tempo amabile camerata, idolo delle donne, coraggioso come un negro, e a certe lune fantastico come un bramino.
Noi qui parliamo del barone della sua prima maniera, quando non aveva più di trent’anni. Napoli allora era tutta una festa garibaldina, bianca, rossa e verde. Le donne abbracciavano i bei soldati nella via e alzavano i bambini sulle braccia, perchè Garibaldi li battezzasse nel nome santo d’Italia. Innanzi al ritratto dell’eroe si accendevano i lumi e si appendevano corone di fiori, come davanti a San Gennaro e alla Madonna Santissima.
Santafusca prese una parte breve e brillante nelle ultime scaramucce di quel tempo e fu anche ferito alla fronte. Gliene rimase una cicatrice sopra il ciglio...., ma i bei tempi erano passati.
Oggi l’uomo aveva quarantacinque anni, una gran barba nera, un volto abbruciato dal sole e dai liquori, una gran voglia di godere la vita, e una miseria profonda.
Non godeva più credito nè presso gli amici, nè presso i parenti, ch’egli aveva disgustati col-