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detto a Gennariello di essere andato verso Miano, si trova il suo cappello nei dintorni di Santafusca precisamente al lato opposto. Che cosa era andato a fare a Santafusca un uomo che non usciva mai da Napoli, schivo del muoversi, che non aveva parenti, amici in quel paese? Avvegnachè, signori, se egli fosse conosciuto da qualcuno lassù, don Antonio non avrebbe cercato inutilmente il padrone del cappello, e se fosse stato solamente veduto, era naturale che alcuno pensasse a lui; ma la lettera dice chiaro chiaro: «avendo consumato tutte le richieste inutilmente». Ah! ah! E quest’uomo è tanto ignoto al parroco e ai colleghi suoi de’ paesi vicini, che nessuno sa dare un indizio nemmeno, dirò così, probabile del padrone del cappello? e ciò mentre tutti i giornali, compreso il «Popolo Cattolico», hanno strombazzata la storia del terno al lotto e del prete scomparso? Signori, io non sono astrologo, ripeto, nè figlio di astrologo, ma trovo che un uomo, il quale perde un cappello nuovo in un paese dove nessuno non l’ha mai veduto, è un uomo, dirò così, molto problematico. Si aggiunga che non è la prima volta che il prete Cirillo soffre ingiuria e violenza da parte di male intenzionati: ch’egli era ritenuto possessore di occulte ricchezze: si aggiunga che la notizia della grande vincita ottenuta coi numeri dati da lui può avere istigato qualche pazzo o illuso, o brigante o figlio di brigante, a infierire contro un inerme servo di Dio. Io non so, io mi perdo