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Quando fu in campagna, spronò il cavallo e volò quasi una mezz’ora curvo sulla criniera del generoso animale, che non capiva la ragione di quel correre. Ma «u barone» non voleva lasciar stagnare il sangue in molte riflessioni.
La giornata era bigia, coperta da nuvoloni spessi e pieni. Tirava un forte vento di mare. Ben presto cominciò a piovere, a balenare, a tuonare sopra il monte.
Giunto quasi in vista del paese, mise il cavallo al passo, ed era tempo. La povera bestia, che non aveva nessun delitto sulla coscienza, incominciava a mostrarsi stufa di correre per conto degli altri.
Camminava al passo, sotto una pioggettina fredda ed insistente, allorchè alzando gli occhi si trovò davanti quasi improvvisamente la villa, larga costruzione distesa sul clivo, più livida e più trista del solito nel colore bigio dell’aria, attraverso al velo fitto della piova.
Alla vista di quella casa, che riassumeva una lunga storia di vicende domestiche e che oggi chiudeva nelle sue grigie pareti un così grande significato...., «u barone» si fermò per ripigliar lena, abbassò la testa e provò l’abbattimento profondo dell’uomo condannato.
Da dove veniva questa tristezza?
Dal cielo insieme alla pioggia?
Dalla coscienza insieme al pensiero?
Se egli avesse potuto cessare di pensare...
Osservò che per conto suo si sarebbe abituato