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Anche quando la porta fu chiusa coi riguardi che monsignore metteva in tutte le cose sue, «u barone» non potè staccare gli occhi dal muro, dov’era andato a rotolare il cappello, nè potè staccarsi dalla poltrona, a cui lo teneva legato un pensiero duro e tagliente come un fil di ferro.

Non era la ripetuta impressione d’uno spettacolo orribile che richiamava la sua paura. No. Le sensazioni si raffreddano, sfumano, si sa: ma l’incidente curioso del cappello, quel suo girare come una ruota, suscitava una riflessione, che nel terrore degli altri pensieri non si era presentata prima, una riflessione semplicissima, banale, ferocemente banale, che aveva la forza di far drizzare i capelli in testa a un uomo che si credeva giunto in porto.

Anche l’altro aveva in testa un cappello. Al primo colpo dato colla leva era balzato giusto, girando nell’aria, ed era andato a cadere sul mucchio dei mattoni; ma che cosa era poi avvenuto di quel cappello?