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samente ai miei bisogni, non intendo di vendere la casa dei miei maggiori.

— Ce ne duole assai. Santafusca rispondeva al nostro ideale, e la mensa sarebbe stata disposta a qualunque sacrificio. Il cancelliere aveva quasi promesso a prete Cirillo centomila lire per il puro stabile, ma oggi si sarebbe disposti a dare anche di più.

— Il prete faceva un ghiotto affare! — esclamò «u barone» parlando quasi da sè stesso.

— La casa vuole molti ristauri; anzi si vorrebbe fabbricare tutto un lato nuovo.

— Non intendo fare nessuna speculazione, — rispose quasi burberamente il barone, a cui l’idea che altri avesse potuto smuovere il terreno di Santafusca fece scorrere un brivido nelle ossa.

— Rispettiamo i sentimenti generosi di vostra eccellenza. Ce ne duole per noi, ma ritenga che, qualora venisse in questo pensiero, troverà in noi le migliori disposizioni. Intanto sarà un vantaggio per le due parti levar di mezzo questo prete negromante, che specula con poco spirito di religione sui bisogni della Chiesa.

Monsignor vicario fece un gesto così pulito nel dire «levar di mezzo» che non avrebbe offeso una mosca.

— Pareva anche a me, difatti: non mancherò qualora...., ma, come dico, non ho intenzione di vendere.

— Non mi resta che di chiedere scusa dell’in-