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NOTA DEGLI EDITORI
ALLA SETTIMA EDIZIONE (1913).
Sono ormai venticinque anni da che il romanzo che oggi si ristampa veniva annunciato alla nostra Milano, più tranquilla, più famigliare assai che non sia ora, in modo nuovo e originale. Su grandiosi fogli affissi alle cantonate spiccava in nero disegno un gigantesco cappello da prete. Eccitata la curiosità, pochi giorni dopo altri grandiosi fogli annunciavano che tale era il titolo del nuovo romanzo che avrebbe pubblicato in appendice il giornale «L’Italia» diretto da Dario Papa e contemporaneamente il «Corriere» di Napoli.
Nessuno sapeva chi ne fosse l’autore — e veramente quasi ancor sconosciuto era allora, nel campo letterario, il nome di Emilio De Marchi.
Egli, spinto dal generoso pensiero di redimere il romanzo popolare, detto d’appendice, dalle incongruenze e dalle sozzure che parevano indispensabili a siffatto genere letterario, tentò di affascinare il lettore non col fargli amare il delitto, ma coll’ispirargliene l’orrore, e restando moralissimo.
Entrato in comunicazione diretta col gran pub-