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egli avrebbe dovuto condurre seco a Santafusca per stringare il contratto col prete. Qualche altra volta aveva avuto bisogno di lui, che serviva volentieri i tribolati della fortuna e prestava con ragionevole interesse.

Don Ciccio e don Nunziante erano antichi amici e rivali, ma nel comune vantaggio si aiutavano volentieri. Entrambi conoscevano prete Cirillo.

La gente, quando vedeva insieme il «paglietta», il notaio e il prete, diceva:

Ecco «don consiglio, don appiglio, don artiglio».

Un buon cliente passava nelle loro mani come attraverso a una filiera. Questi due galantuomini, che sedevano nella bottega del Granella, vestivano alla foggia dei loro tempi: abiti grandi con larghe tasche sempre piene di carte.

Don Nunziante però era grosso, largo di spalle, con una gran voce; mentre il «paglietta» era piccolo, con una pancia asciutta come un’assicella, stizzoso, uncino, nervoso come un campanello elettrico, e portava sempre un cilindro bianco col pelo arruffato.

— Dicono che sia andato a Roma a portare l’obolo al papa, — esclamò don Nunziante. — Prete Cirillo ha studiato la negromanzia per rubare il denaro al Governo, e darlo al papa. Non è vero, don Ciccio?

— Voi parlate come un giornale liberale, — rispose stizzosamente il «paglietta». — La ne-