Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/119


— 103 —


— Non è una storia allegra, eccellenza? — chiese Granella.

«U barone» non rispose e seguitò a scorrere la pagina del giornale che descriveva la casa del cappellaio, la famiglia di costui, il numero dei suoi figliuoli, l’uso che intendeva fare dei suoi denari, ecc. Del prete non si diceva altro se non che aveva preso il volo.

— Voi dovreste sapere qualche cosa del prete, don Ciccio, — disse Granella, volgendosi ad un vecchietto, che stava aspettando in bottega la volta sua.

Era costui quel medesimo don Ciccio Scuotto, il padrone della casa, al quale il prete aveva mandata la lettera. Lo conoscevano tutti per il grande «paglietta» o avvocato dei preti e dei poveri, uomo fino, tenace, nemico dei giornali liberali e dei tempi scellerati.

— So di certo che è partito; ma voi non credete ai giornali che hanno il gusto di ingannare la gente. Leggete il «Popolo Cattolico», l’unico foglio autorizzato dall’arcivescovo. Là troverete la verità. Il prete era mio amico e mi pagava puntualmente la pigione.

— Vi pagava con tre numeri buoni? — esclamò ridendo un altro galantuomo, che Granella aveva salutato per don Nunziante.

«U barone» che stava colle orecchie tese, guardando nello specchio, riconobbe nell’uomo dal grasso ventre e dal naso spugnoso il notaio che