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dasse un conto saldato; ma quanti pensieri gli si affollarono in quel minuto secondo nel cervello! Tutti confluirono in quella dimanda: Che lo avessero già scoperto?

La lettera era firmata «Jervolino, segretario».

Era insomma il segretario di Santafusca che, con uno stile pieno di un burocratico rispetto, gli annunciava la morte del fedel servo Salvatore, avvenuta per un colpo apoplettico sulla via, e riferiva come e qualmente il sottoscritto avesse chiuso il cancello della villa e ritirata l’unica chiave, che conservavasi nella sala del Consiglio comunale in attesa di quelle ulteriori disposizioni che sua eccellenza illustrissima si fosse degnato di dare.

Del prete nulla.

Anzi, il tono della lettera non poteva essere più rassicurante.

— Va bene! — esclamò «u barone» con una cadenza da baritono che prova la voce, e sentì lo spirito andare a posto. — Povero Salvatore! — soggiunse abbassando la testa e portando una mano agli occhi.

Il suo compianto era sincero, perchè l’animo suo non era chiuso a tutte le memorie della giovinezza, quando, con Salvatore, soleva andare a caccia sui monti.

Il povero vecchio aveva voluto morire su una strada.... come se avesse sdegnato di chiudere gli occhi in una casa maledetta.