Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/111


— 95 —

di rapporti a base di zodiaco, che cosa sono i miei debiti col mio vicino?»

«U barone», leggendo questi aforismi, sentiva la coscienza allargarsi e spianarsi nell’immensità dello spazio e del tempo. Una profonda tranquillità, somigliante al muto fatalismo orientale, sottentrava all’uggia e alle punture d’un pensiero rattrappito negli angoli della vita comune. Egli riposava superbamente e stupendamente in quello spazio di milioni e milioni di raggi terrestri, nel quale vedeva sprofondarsi il corpicciuolo magro del suo vecchio prete.

E si sarebbe addormentato ancora in questa metafisica visione, se Maddalena non avesse a un tratto picchiato due colpi secchi colle nocche nell’uscio. «U barone» trasalì.

— Eccellenza, stamattina c’è stato ancora quel prete.

— Che cosa vuole? — chiese con voce torbida il barone.

— Vuol parlare con vostra eccellenza.

— Ha detto come si chiama?

— Non ha voluto dirlo. Tornerà.

Il barone cominciava a seccarsi di quest’altro prete che gli ronzava intorno come un moscone.

Egli non conosceva nessun prete, tranne il.... suo. Chi poteva esser costui che già due volte era venuto a cercarlo a casa sua, e che non voleva dire il suo nome? Non già ch’egli temesse l’ombra di prete Cirillo, si sa «u barone» non era Macbetto.