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Sentì che sonavano la diana alla caserma di San Francesco, a cui rispose più lontana, forse dal castello, la diana della cavalleria.

Queste due squille vive nel gran silenzio dell’ora sollevarono un nuvolo di idee e di memorie del tempo felice ch’egli aveva servito nei lancieri, quando, per esempio, cacciando la testa fuori della tenda si vedeva all’orizzonte dietro i pioppi del Ticino la striscia argentea dell’alba.

Al di sopra dei tetti per la vastità dell’aria si moveva e arrivava anche il rumore sordo dei carri, che, sul fare dell’alba, portano alla città le verzure, la legna, il fieno; e veniva insieme anche qualche tocco d’Avemaria di una parrocchia rurale, lontana lontana, insieme ai fischi della stazione di Porta Genova.

Cesarino fu quasi respinto indietro da quei suoni di vita: chiuse in fretta la finestra.

Dopo aver cacciata la testa nel bugigattolo dove dormivano i figliuoli, dopo aver respirato l’odore caldo della loro vita di cui lo stanzino era pieno, volle dare un bacio alla sua Arabella.

Passò nell’altra stanzetta, leggermente, per non svegliare la bambina. Non piangeva, non pensava, non soffriva nemmeno più: ma erano lampi e bagliori di idee in mezzo alla nera oscurità di una ragione che un senso indo-