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fanno e gli acuti dolori di milza. Soltanto allora si accorse che l’acqua l’aveva tutto inzuppato.
Se la sentiva scorrere come una biscia fredda lungo il filo della schiena.
Qua e là, rasente ai muri, si vedevano dei gruppi di gente, che tornavano dalle feste sotto gli ombrelli lucidi e grondanti. Qualche pierrot ubbriaco proclamava in mezzo alla strada la révolution, sorreggendosi a fatica nell’aria coi larghi gesti.
Venivano, dai crocicchi bui, risa e strilli di mascherine che scivolavano innanzi, tuffando le belle scarpette di seta nelle pozze e nei ruscelli.
Il Caffè dell’Europa, sull’angolo della via Passarella, non aveva ancora chiusi i suoi battenti. Molti vagabondi vi si erano rintanati contro il maltempo, tra i quali qualche vecchio impenitente in cerca di belle avventure, qualche trasognato celibatario che non trovava più la maniera di divertirsi e qualche operaio vestito cogli abiti di lavoro, che stentava a digerire l’unto di una cena straordinaria, guastata da un vinaccio cattivo.
Cesarino entrò nel Caffè e ordinò un punch molto forte.
Intanto si guardò indosso. Pareva appena pescato nelle acque di un fosso. Gli portarono il punch acceso d’una fantastica fiamma az-