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tra banchetti e botteghe e bazar illuminati, pieni di maschere ridenti e costumi di pagliacci. Milano, che gridava, strillava, che si preparava all’orgia delle cene e dei veglioni, non aveva un migliaio di lire per salvare dalla vergogna un povero padre di famiglia.

Con tutto questo Cesarino non si arrendeva. Sperava di trovare al Circolo in principio di sera un’anima meno avara: o di commuovere il Pardi, o sua moglie, o almeno il Martini, ottenendo un altro giorno di respiro.

A casa figurarsi se Beatrice ebbe il tempo di badare a lui! L’Elisa, la signora Grissini, Arabella se l’erano pigliata in mezzo e aiutavano a vestirla, come si veste la madonna. I maschietti erano andati col Ferruccio della portinaia al teatrino d’un oratorio.

Cesarino si vestì in gala, uscì subito, con un pretesto, raccomandò di nuovo a noi sua moglie, portò un biglietto a casa di Buffoletti, che stava laggiù alle Grazie: tornò indietro in cerca del Martini, che era già partito da Milano, venne una volta verso le nove al Circolo, tornò una seconda volta a mezzanotte....

Il servitore d’anticamera gli consegnò un bigliettino del Martini che diceva:

«Ho aspettato fino alle nove. Consegno tutto al commendatore. Si giustifichi con lui.»

Lord Cosmetico era spacciato.