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— Monsignore?

— È malato.... — rispose sottovoce la donna, riempiendo il vano dell’uscio colla sua persona per paura che il seccatore si facesse avanti.

— Non si potrebbe parlargli?

— Impossibile, gli hanno messo un senapismo.

— Si tratta.... Son suo nipote Cesarino....

— Proverò.

La donna richiuse l’uscio in faccia al signor nipote, che rimasto solo sentì quasi entrare nell’anima quello sgomento fuggevole e quella compunzione fredda che lo assaliva da ragazzo le prime volte che la mamma l’aveva condotto a confessarsi.

Al di là di quei muri umidi e massicci, che conservano quasi un senso corrucciato dell’antico splendore, sentiva il frastuono del carnevale e in mezzo agli strilli il dolore acuto, spaventevole, dei conti da rendere.

— Ha detto che oggi non può ricevere.... — venne a dire la Ludovica, che camminava senza far rumore.

— I preti son sempre preti! — mormorò fra i denti Cesarino avviandosi verso la piazza. A chi poteva ricorrere? Non al Bianchi, non al Miglioretti, poveri diavoli, che stentavano a finire il loro mese. Pensò un momento al cavaliere Balzalotti, un vecchio e