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Quasi tutti gli uomini erano in frac, in guanti bianchi e cravatta bianca. Solamente qualche modesto commesso, che non aveva osato fare la spesa, cercava di stare colla schiena al muro in atto contrito e vergognoso, come a un merlo a cui abbiano strappata la coda.

Anca lú a Milan? — mi chiese la Pardina, passando via e battendomi il suo ventaglio di piume sul naso. Era a braccetto del celebre tenore Altamura, un romano di Roma, che aveva cantato al Dal Verme, nella stagione, il Trovatore con grande successo.

Il Miglioretti, dopo aver fatto un giro di valzer colla Pianelli, la condusse a posto, e infilato il mio braccio mi tirò verso la sala del buffet, asciugandosi il collo, le guance e la testa con due fazzoletti.

— Bella sì, ma di ghisa, e per di più balla fuori di tempo.

— E dire che si sta tanto bene seduti.

— È suo marito che vuole che balli, è lui che le insegna. Hai visto i leoni marini di mister Pike? Suo marito le insegna anche a parlare milanese, e ci riesce, povera foca. Ma di tanto in tanto le scappa di bocca ancora qualche «propri de bôn» di Melegnano, che guasta il meccanismo della bambola.

— Jesus, che lingua! bevi, avrai sete.... — dissi, versandogli dell’acqua in una tazza.