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ch’essa aveva lavorato per il bene de’ suoi. — Ciao, mamma.... — disse una voce, che un Demetrio irritato e sordo non volle ascoltare. Un tratto ancora e il treno avrebbe rasentato uno stagno, all’orlo del quale appare la stupenda abbazia di Chiaravalle: ed eccola infatti uscire quasi dall’acqua livida, a venir addosso nella sua nera e solenne costruzione, colla stupenda macchina del campanile impressa come un’ombra sull’aria oscura; e più in qua, segnato da alcuni lumi rossicci, il solido edificio delle Cascine, la reggia del signor Paolino. A quella chiesa quante volte aveva accompagnato la sua mamma nei tempi che meno si pensava alle miserie del mondo!

C’erano, in quell’antico convento degli angoli così tiepidi e santi, con certe figure lunghe e patetiche su per i muri: c’erano dei corridoi così lunghi con cento cellette che davano sul verde luminoso delle praterie: c’era insomma in quella vecchia badia del medio evo un tal senso di riposo, che solo a pensarci il cuore se ne immalinconiva. Peccato non esserci vissuto trecent’anni prima! peccato non esserci due braccia sotto terra.

In quella chiesa Beatrice avrebbe detto il suo sì un’altra volta. Ributtato da questi pensieri, Demetrio si ritrasse dal finestrino, appoggiò la testa nell’angolo delle due pareti di