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— Come hai saputo che partivo stasera?

— La mamma, quando son tornata dagli esami, mi ha detto: — Sai? lo zio Demetrio va via. — Dove va? — chiesi naturalmente. — È stato traslocato in un altro ufficio dal governo. — E non mi ha detto niente? — Non ti credo. A me l’avrebbe detto, in un orecchio, ma l’avrebbe detto. Se la mamma avesse voluto accompagnarmi, venivo subito a trovarla, e non l’avrei lasciato partire. Mi son fatta accompagnare sul tardi dal Berretta. Non era già più in casa. Allora ho pregato Giovann dell’Orghen di accompagnarmi alla stazione. È proprio vero? Lei va via, così senza dir nulla?....

Arabella, un poco affannata per la corsa fatta, parlava con un’eccitazione più di dispetto che di rammarico.

— Che ti può fare adesso lo zio Demetrio? lascialo andar via — egli disse sorridendo.

— Lo so bene, lo so bene...., basta!

Arabella alzò gli occhi sul quadrante dell’orologio e ve li tenne fissi come se facesse dei conti sulle ore. Vestita dell’abitino nero che aveva indosso agli esami, con scarpe a bottoni lucidi che le serravano delicatamente il collo del piede, con in testa un tocco d’astrakan, da cui si svolgevano a onde i capelli chiari, la bianchezza della sua carna-