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sulla sua valigia, attende senza impazienza che aprano lo sportello di terza classe della linea di Genova. La stazione va gradatamente rischiarandosi della luce bianca che mandano i rari fanali elettrici, mentre nel cielo, dietro le piante della circonvallazione, resiste ancora come un braciere ardente l’ultimo raggio del crepuscolo.
Non è una partenza allegra, ma non può dire nemmeno di sentirsi turbato e rotto il cuore come supponeva. C’è nelle stesse sofferenze un limite, oltre il quale non si sente o non si capisce più nulla, ma sottentra quasi l’abitudine al dolore, da cui si va, a seconda dei casi, o verso l’indifferenza, o verso la rassegnazione. Demetrio, ascoltando il suo cuore, si sentiva più vicino a questa che a quella.
Qualche cosa di dolce era stillato nella sua vita, e scendeva, sottilissimo filo di consolazione, in mezzo alle vecchie amarezze della sua esistenza. Se si sforzava di rintracciare da qual vena misteriosa scaturisse in lui questa goccia soavissima e fresca di ristoro, gli pareva di ricordarsi d’averla sentita fluire dalla fronte quel momento che Beatrice, tornando verso di lui, aveva collocato la mano sul suo capo.
Quell’atto di pietà, quella mano leggera, ferma un mezzo minuto sul capo di un uomo