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venire dei suoi buoni operai, ma non gli riuscì di formulare una parola.
Prese invece a riordinare le sue carte, ne fece molti pacchi, come se si preparasse a sloggiare di lì. Al lume di una piccola bugia, ch’egli collocò sullo scrittoio, sigillò alcune lettere, vi scrisse sopra il nome di alcuni suoi vecchi amici, coi quali s’era trovato nella giornata per regolare le varie partite dei suoi interessi, distrusse molte carte inutili, come se obbedisse a una interna suggestione più forte e più prepotente della volontà e della ragione.
L’unica frase chiara che gli tornava di tempo in tempo nella mente, e ch’egli leggeva più che non scrivesse sopra una specie di cartello, era la grande profezia di sua madre: — Mangerai il pane che ti meriti! — Era un pane ben duro, scottante come carbone acceso: ma le profezie dei morti vanno diritte al loro scopo. — Mangerai il pane che ti meriti!
La Cherubina, con un lumicino a petrolio in mano venne per la lunga corsìa, mandando fasci di luce nelle viscere e nelle trame dei meccanismi, che, dopo aver strillato tutto il giorno l’interesse del signor Melchisedecco Pardi, parevano dormire in una rotta stanchezza. Chi avrebbe mosso dimani quei duecento rocchetti e quei duecento pettini? La