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carte, a riscontrare, sempre chiuso nel suo cupo, insopportabile silenzio. Pareva un uomo incontentabile, o non mai abbastanza soddisfatto.

L’altro scriveva sempre i suoi numeri infiniti color sangue, col cuore duro come un sassolino, sempre in attesa d’un giro di chiave che chiudesse per sempre al buio il documento della sua miseria.

Quell’insistenza eccezionale, in un uomo che aveva mostrato il giorno prima di fidarsi così pienamente di un amico, gli diceva già che anche la buona fede del compagno era stata preventivamente scossa da una voce misteriosa, insidiosa, da quella stessa voce, che da due giorni andava seminando il discredito e la diffidenza.

Passò ancora un quarto d’ora, che al Pianelli parve un secolo. Finalmente il Martini, con una voce velata che si sentiva preparata con suprema fatica, domandò:

— Si ricorda, Pianelli, quanto abbiamo pagato al capomastro Inganni?

— Io credo tremila... — esclamò il Pianelli, saltando in piedi e correndo con una premurosa sollecitudine verso il compagno.

— Mi risulterebbero meno....

— C’è il mandato, veda....

— Lo vedo.... — disse il Martini con un filo di voce, abbassando gli occhi e cercan-