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— Ma se....

— Non parlo più, sta sicuro, anima mia.

— Tu vuoi sempre....

— Amen, non mi intrigherò più.

E coll’animo punto e addolorato la povera donna scese in cucina a preparare il pranzo. Quando mai qualcuno in quarant’anni l’aveva chiamata Perpetua? Alle Cascine essa era la mamma, la provvidenza, la consigliera ascoltata da tutti e non c’era grosso fastidio in una casa, di cui ella non sapeva sciogliere i gruppi e trovare il capo come in una matassa di filo. Doveva essere proprio lui, Paolino, il suo cuore, il suo cucco, a chiamarla Perpetua! Paolino non era più il buon ragazzo di una volta: quella donna l’aveva stregato e cambiato di bianco in nero. Sempre inquieto, distratto, stizzoso, rabbioso, insofferente e svogliato negli affari, freddo fin nelle cose di religione, sarebbe stato peggio naturalmente andando avanti. Quel giorno che la signora Beatrice fosse diventata la padrona di casa, il posto della povera Carolina doveva essere dopo la serva, per non dire dopo la scopa.

Questi malinconici pensieri passavano come uno stormo di corvi nell’animo suo, mentre colla mestola in mano davanti al camino aspettava, cogli occhi tuffati nella pentola, che la minestra finisse di cuocere.