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mello di casa, un cammello un po’ stanco, ma sempre disposto a portare i fastidi degli altri. Veramente questa volta si trattava di consolazioni e di felicità; ma è un peso anche il portare la felicità degli altri.

Nelle ore disoccupate andava a spasso, o ai giardini pubblici, a rimirare i cigni del laghetto, e i bei fagiani in gabbia, o a studiare storia naturale in faccia alle bestie del Museo. Oppure scendeva lungo i bastioni a contemplare le costruzioni nuove dei sobborghi e i grandi quartieri che spuntano come funghi in questa Milano, dove il nuovo divora l’antico.

Case nuove, miserie nuove! egli sarebbe andato così volentieri in cima a una montagna!

Evitava di passare per le strade, che potevano suscitare in lui tristi ricordanze, o dove supponeva di poter incontrare un compagno d’ufficio. Quella parte di Milano che sta tra il Carrobio, il Bocchetto e la piazza del Duomo era come se non esistesse più nella sua topografia. Si abituava già a considerarla come lontana, perduta, sprofondata.

Così il cuore stava zitto e così poteva dormire la notte.

Quando Paolino gli scrisse che faceva conto sul migliore de’ cugini per avere un testimonio all’altare, rispose che non poteva accettare. Lo sposo tornò a insistere: egli si