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volto dimenticato pieno di polvere. Lo svolse e vide che erano gli abiti del povero Cesarino, come glieli avevano portati a casa una sera dall’Ospedale, con un paio di scarpette da ballo raggrinzate dall’umido.
Sciolse la roba, la sciorinò all’aria, facendo ballare le due gambe dei calzoni di panno gualcito, crollandovi sopra il capo fin troppo stanco di far riflessioni sulle cose di questo mondo birbone.
Non volendo speculare sulla miseria umana, diede la roba a Giovann de l’Orghen, a cui ogni cosa andava bene, cercando di spremere da tante miserie qualche sugo di carità.
Giugno fu lungo e caldo. Lunghe e calde tennero dietro le giornate di luglio, fatte ancora più lunghe dalle notti brevi e poco dormite. Il suo cuore si faceva sentire con piccole punture, e spesso egli doveva mettersi a sedere sul letto per respirare una boccata d’aria notturna, che entrava dalle finestre aperte.
Paolino gli scriveva spesso per dargli cento commissioncelle. Ora si trattava dei materassi, ora di una Madonna da collocare in capo al letto, o di piccole altre operazioni di ufficio, tra cui bisognò cercare subito anche l’atto di morte di Cesarino.
Demetrio non si rifiutò di rendere questi piccoli servigi. Egli tornava volentieri il cam-