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lo in nicchio e in veste talare a tutti gli inquilini, che, a seconda degli umori, gliene dicevano di belle e di brutte.

La signora Grissini, tutta commossa, Arabella, Mario, Naldo, un po’ mortificati, Beatrice, l’Elisa sarta, Demetrio stesso in curiosità, e, in fondo, mezzo nascosto dall’uscio, anche Paolino, uscirono a vedere questo nuovo chiamato da Dio, che col ciuffo tagliato, coi capelli rasi dietro le orecchie, veniva su coperto da un enorme e peloso cappello a tre punte, non suo, col passo impacciato nelle pieghe della veste, colla bocca aperta, colle mani ancor nere d’inchiostro di stampa, che non sapeva dove collocare.

Il Berretta, nel suo solito panciotto di fustagno sparso di filaccie, esprimeva la sua paterna contentezza, ridendo in faccia a tutti e alzando ora una mano ora l’altra, come una marionetta.

Arabella per un po’ fu presa anche lei dalla curiosità e non tolse gli occhi da quel gran cappello: ma assalita a un tratto da una strana commozione, si attaccò al braccio dello zio Demetrio. Ferruccio, il bel ricciolone che essa aveva istruito nel catechismo, il suo piccolo cavalier servente, quando fu in cima alla scala si levò il cappellaccio e si atteggiò in una posizione stanca e umiliata di brutto martire in vergogna. Pareva un uccello spen-