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qualche differenza! — che per trentacinque lire nessuno l’avrebbe voluto. La grossa cipolla riempiva di solito un taschino del panciotto, premendo sulle costole a sinistra, facendo un grosso e un duro che il corpo era abituato a sentire, come una parte di sè stesso. Ora quel taschino vuoto e floscio che pendeva giù, dava un senso di freddo e di mancante, come se coll’orologio avesse levata una costola; e più volte nei movimenti di distrazione le due mani andarono a frugare sull’orlo della tasca, irritate di non trovar subito la chiavetta di ottone, che sporgeva attaccata a due cordicelle di seta. Più melanconico di notte. Nelle ore di veglia — e adesso gli capitava spesso di non poter dormire — era solito sentire il tic tac del vecchio amico, che vegliava con lui nell’alta e oscura solitudine sopra i tetti e che gli teneva una cara compagnia. Non è il caso di dire che in quel tic tac, ingrossato dalla cassa armonica del tavolino, egli sentisse la voce dei vecchi che avevano scaldato l’orologio col calore del loro corpo e che avevano da un pezzo finito di battere il loro tempo: questo potrebbe essere della poesia e del romanticismo. Ma è certo che egli vegliava volentieri colla sua «vecchia cipolla», e nell’accordo dei palpiti tornava a rivivere, guardando nel buio, molte pagine della sua vita passata, risusci-