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dall’orologio. Era un vecchio orologio d’argento, di quelli che diconsi a cipolla, grande come uno scaldaletto, ma d’una solidità e precisione che gli orologini moderni, intisichiti anche loro come i padroni, non conoscono più. Pà Vincenzo l’aveva ereditato dal padre suo, che l’aveva ricevuto in pagamento da un delegato austriaco, il quale alla sua volta...., insomma era un magnifico orologio tedesco, che dopo aver segnate molte ore belle e brutte ai vecchi di casa, continuava a segnare al nuovo e ultimo padrone un tempo inutile.
Dopo aver tentato due volte di venderlo come orologio, spaventato del poco o nulla che gli offrivano nelle botteghe, provò a spacciarlo come oggetto antico e fu più fortunato. Un rigattiere che sta di casa in San Vito al Pasquirolo, che forse era sulla traccia d’un oggetto simile, dopo un lungo tirare si rassegnò a dare trentacinque lire, una somma favolosa in confronto di ciò che gli offrivano gli altri, ma lo acquistò come roba fuori d’uso, non come orologio. Demetrio nel venir via provò un senso di rincrescimento e di dolore, che finì, a furia di pensarci, in un altro senso più profondo e misterioso di mortificazione. Si paragonò al suo vecchio orologio di Vienna e si accorse che anche lui era un oggetto fuori d’uso, colla differenza — sempre