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piccola Martini. Il signor Martini aveva scritto che non si trovava male nella sua nuova residenza, ma vedeva l’ora e il minuto di tornare a Milano. Mandava a salutare anche lo zio Demetrio.

— Gli scriverò qualche volta.

— Sarei così contenta se fosse mia quella bambina!

— Tu saresti bene una buona mammetta.

Tra questi discorsi e con le cure del povero sordo, Demetrio ricuperò a poco a poco il senso delle cose ed insieme una certa pace o rassegnazione di spirito, che gli fece sembrar buono il letto.

Una volta volle rivedere i suoi canarini. Arabella che aveva imparato a farsi conoscere anche da loro, portò di qua le gabbie, le collocò sul tavolino, aprì gli sportelli e, mentre gli uccellini le volavano addosso, sulle spalle, sulla testa, sulle mani, essa gettava piccoli gridi di gioia.

Un altro giorno essa portò allo zio Demetrio delle rose, rubate alla Madonna delle monache, che celebravano il mese di Maria con molt’abbondanza di fiori. Sedeva ai piedi del letto, con una calza o un ricamino in mano, discorrendo di molte cose, che uscivano come per incanto dalla sua testolina, nella quale lo zio Demetrio si specchiava come un uomo vanitoso. Quella bambina, per