Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 348 — |
e una dolce stanchezza nelle ossa, che cominciavano adesso a riposare nel letto. Dopo aver ordinate le sue memorie, dimandò:
— È guarita la mamma?
— È guarita. Mi ha detto che verrà a trovarlo appena si sentirà più bene, zio. Adesso ha paura di disturbarlo.
— Dille che non s’incomodi.
— Ha bisogno, credo, di parlarle.
— Di che cosa? — domandò Demetrio.
— Non so....
Arabella cercò di nascondere il turbamento. Una istintiva prudenza le suggerì di non far parola allo zio di ciò che il suo cuore credeva di aver indovinato. Non disse, cioè, che la Carolina delle Cascine era stata a Milano, dopo quindici o venti anni che non vedeva il Duomo, e che aveva tenuto un gran discorso in segretezza colla mamma, la quale da quel momento pareva una donna risuscitata.
Per intrattenere lo zio raccontò invece ridendo che Ferruccio, dopo la sua prima comunione, s’era meritata la benevolenza d’un pio benefattore, che lo faceva studiare da prete. Non vestiva ancora l’abito, ma studiava già il latino. Il Berretta era a un tal colmo di felicità, che da una settimana non dava più un punto, come se il figliuolo fosse già diventato arcivescovo.
Raccontò ancora ch’era stata a trovare la