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do lentamente su tutta la persona, lo arrestò, lo aguzzò come una lesina, lo conficcò qua e là nella carne viva, ed allargando d’un tratto le mani a un gesto di sacerdote che celebra, restò lì, come stecchito, colle mani nell’aria.
L’operazione era cominciata. Paolino non respirava nemmeno.
Seguirono i passi magnetici: ed allora Anita mandò un sospiro che parve un gemito. Le mani del mago, lunghe, magre, a nodi, come quelle di uno scheletro, colle unghie lunghe e tagliate a punta di mitra, uscivano con mezzo braccio nudo fuori dalle maniche della camicia, agitandosi, snodate come due proboscidi. Quindi presero a tremolare col battito leggero e mutabile dei pipistrelli e a sonare nell’aria delle variazioni. Quando il mago ebbe tanto in mano da poter essere sicuro del fatto suo, distese il gesto, costruì un bellissimo arco e sull’arco un catafalco.
Paolino non batteva occhio.
Poi l’uomo si voltò di fianco per tirare una corda invisibile, e tirò un pezzo, alternando una mano all’altra, come se cavasse un secchio dal pozzo. E dalla corda il birbone seppe ancora cavar fuori un arcobaleno che disegnò sul suo capo bello, chiaro, che gli splendeva negli occhi, che lo faceva sor-